The Art Life e l’estetica del macabro di David Lynch – Recensione completa –

The Art Life, documentario dedicato alla vita personale e artistica del regista e attore David Lynch, mostra l’estetica del macabro di un mondo onirico indecifrabile.

The art life david lynch recensione
The Art Life, il documentario su David Lynch

Sono 130 i minuti che la Film Constellation ha voluto dedicare a David Lynch, con il tentativo di familiarizzare con una figura criptica qual è quella del regista di Twin PeaksThe Art Life è un documentario prodotto nel 2016 e da poco trasmesso in Italia in un numero ridotto di sale cinematografiche, che hanno colto l’occasione per passarlo rigorosamente in lingua originale.

Unica voce narrante dell’opera è lo stesso protagonista, che grazie a una serie di filmati e di fotografie reali ha ripercorso le principali tappe della sua vita: dalla nascita fino alla produzione dei cortometraggi, come The Alphabet (1968) e The Grandmother (1970),  che gli hanno spianato la strada verso il mondo del cinema.

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L’ideatore di Mulholland Drive si è concentrato sulla sua infanzia trascorsa in Montana in compagnia del fratello John, della sorella Margaret e dei genitori Donald e Sunny, per poi approfondire le vicissitudini vissute durante i suoi trasferimenti a Washington, nell’Idaho, in Virginia, nel Maryland, in Massachusetts e in Pennsylvania, a Filadelfia, dove si stabilirà per 5 anni per produrre i suoi primi cortometraggi.

David Lynch ha ammesso di aver sempre goduto di grande libertà, una libertà che gli ha permesso di esprimere la sua vera essenza in un mondo privo di condizionamenti. Chiuso nella casa del periodo, David ha creato la realtà intorno a lui, modellandola in base a ciò che percepiva dentro di sé. Il regista, assecondato dalla madre, ha riconosciuto sin da piccolo il possedere un potenziale artistico da esprimere prima con la pittura, poi con il cinema.

Così ha scelto di dedicare la sua intera esistenza all’arte e alle sue sperimentazioni visionarie, mettendo in secondo piano la vita sociale e qualsiasi altro tipo di distrazione: la sua ossessione per la pittura si è trasformata con il tempo in un amore profondo per la direzione di film dalla forte componente surrealista, per la giustapposizione di sequenze reali e di animazioni, per il sonoro suggestivo e per la componente onirica, angosciosa ed ermetica delle scene girate.

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The Art Life è un documentario prodotto in vero e proprio stile Lynch, grazie all’alternanza di fotografie, video e dipinti, un materiale inedito che esplica i concetti descritti a parole dal regista e che conferisce al quadro un tocco macabro che non può mancare quando si tratta dell’ideatore di Inland Empire.

E sono proprio i dipinti frutto dell’immaginario disturbato di David Lynch a rimanere impressi nella mente dello spettatore: teste, insetti, sangue, corpi senza vita, donne nude, figure che chiedono aiuto come se volessero fuggire dalle tele, immagini indecifrabili accompagnate spesso da parole chiave come “Goodbye”, “Darkness”, “Help”.

La regia impeccabile gioca con la messa a fuoco e con la focalizzazione di dettagli ininfluenti ma di puro gusto estetico, come gli insetti, i telefoni o le sigarette. Lo spettatore, durante la visione, si ritrova circondato da tele dai soggetti criptici e davvero inquietanti, disposti alla rinfusa all’interno dell’enorme studio di Lynch, immerso nel verde, sulle colline di Los Angeles. E’ qui che il regista si rinchiude ogni giorno per esprimere il suo lato artistico dipingendo, lavorando il legno e il metallo, osservando il comportamento di piccoli animali e vivisezionandoli per studiarne ogni singolo componente.

 

Le musiche, che in alcune scene del documentario Lynch ascolta in compagnia dell’ultima figlia, Lula, incarnano lo stile del regista dell’inconscio, rilassando l’uditorio e improvvisamente mettendolo in guarda dell’arrivo di una minaccia, minaccia che puntualmente mai viene svelata.

The Art Life ci fa entrare nel mondo di David Lynch, mostrandoci la progressiva evoluzione della visione artistica del regista, stupendoci e allo stesso tempo inquietandoci. Per molti si tratta di un inno alla vita, una vita che andrebbe scelta assecondando le predisposizioni della nostra natura e non i canoni imposti dalla società.

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